La crisi della Disney
Dopo un decennio di crescita da capogiro il conglomerato dello spettacolo si trova in ginocchio, sotto gli effetti devastanti della pandemia.
Se va male per la Hertz e per alcune big della Silicon Valley, va ancora peggio per la Disney1. Dopo un decennio di crescita da capogiro, con l’acquisto della Pixar, la Marvel, il marchio Star Wars e più recentemente con il lancio del servizio Disney+, il conglomerato dello spettacolo si trova in ginocchio, sotto gli effetti devastanti della pandemia.
capitalizzazione | $ 186,2 miliardi |
stock price 52-week change | -22.68% |
profit margin | 13.81% |
revenue | $ 75,12 miliardi |
ebitda | $ 16,08 miliardi |
Dati riferiti al periodo 27 settembre – 27 dicembre 2019.
I 14 parchi a tema, che ospitavano in media 157 milioni di visitatori all’anno e che nel 2019 hanno registrato profitti record, sono chiusi da oltre un mese e 43.000 dei relativi dipendenti sono stai sospesi dal lavoro. Degli otto studi cinematografici che hanno sfornato film capaci di ottenere incassi record al box office internazionale non ce n’è uno in attività.
Entro oggi sono previsti i risultati della trimestrale che saranno comunicati alla chiusura del mercato azionario per evitare il tracollo in borsa. Gli analisti si aspettano un profitto per azione di 88 centesimi, in calo del 45%. Ma qualunque siano i numeri, la vera portata dell’impatto della pandemia sulla società non sarà quantificabile fino alla fine dell’estate, quando il nuovo amministratore delegato, Bob Chapek, e il presidente esecutivo, Robert Iger, renderanno noti i risultati del secondo trimestre dell’anno, durante il quale la società ha spedito in aspettativa 100.000 dipendenti, tagliato le retribuzioni dei dirigenti fino al 50% e sottoscritto una linea di credito di 5 miliardi di dollari per aumentare la sua liquidità (oltre agli ulteriori 8,25 miliardi di dollari già garantiti a marzo).
Ecco come crollano gli imperi. Tutto insieme, catastroficamente.
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