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Tesla: ecco perché mezzo milione di veicoli consegnati non sono abbastanza
Promesse non mantenute, problemi nella produzione, 14 miliardi di indebitamento. Tutte le criticità che appannano i record della creatura di Elon Musk.
A gennaio 2020, quando il mondo ancora ignorava l’imminente arrivo di una pandemia che lo avrebbe stravolto, presentando i risultati dell’ultimo trimestre del 2019, Tesla annunciò che nel 2020 avrebbe superato l’obiettivo del mezzo milione di automobili vendute. Un balzo in avanti del 36% in più rispetto alle 367mila unità del 2019, roba da far leccare i baffi agli investitori, considerando i problemi cronici che hanno afflitto la produzione nei suoi impianti e un mercato, quello dei motori elettrici, in cauta espansione. Poi però è arrivata la pandemia con tutto quello che ha comportato e alla crisi sanitaria si è legata un’inevitabile crisi economica dovuta alle misure di contenimento adottate dai governi per contenere la diffusione del virus.
Interi settori industriali sono stati messi in ginocchio. I grandi giganti della tecnologia da Uber, a LinkedIn alle maggiori aziende della Silicon Valley hanno attraversato il periodo più nero di sempre. Alcuni, come Airbnb, hanno addirittura rischiato di venire spazzate via. Eppure Tesla ce l’ha fatta, o quasi. La società ha reso noti i risultati operativi dell’ultimo trimestre del 2020, durante il quale ha sfiorato di poco l’obiettivo del mezzo milione di consegne durante i 12 mesi dell’anno, per essere precisi, in tutto 499.500.
Modello | Produzione | Consegne |
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Model S/X | 54.805 | 57.039 |
Model 3/Y | 454.932 | 442.511 |
Totale | 509.737 | 499.500 |
Risultati delle operazioni per l’anno 2020, veicoli prodotti e consegnati (unità).
Modello | Produzione | Consegne |
---|---|---|
Model S/X | 16.097 | 18.920 |
Model 3/Y | 163.660 | 161.650 |
Totale | 179.757 | 180.570 |
Risultati delle operazioni nel quarto trimestre del 2020, veicoli prodotti e consegnati (unità).
A gennaio 2020 la capitalizzazione di mercato della società aveva superato i 102,7 miliardi di dollari, sorpassando quella di Volkswagen. Un anno dopo, alla data odierna, la sua capitalizzazione sfiora i 669 miliardi e può vantare una quota di mercato1 del 18% nell’industria dei veicoli elettrici a livello globale con un numero di vendite tre volte maggiore rispetto a Volkswagen che detiene il secondo posto della classifica, con un più contenuto 6%. Tuttavia la situazione potrebbe cambiare nei prossimi mesi, quando i grandi gruppi automobilistici da General Motors a Toyota a Volkswagen inizieranno a immettere sul mercato dozzine di veicoli alimentati ad energia elettrica. Se Tesla non sarà in grado di offrire modelli in tempi contenuti rispetto agli ordini e a prezzi concorrenziali, è realistico ritenere che la sua egemonia farà fatica a durare. Una Model S parte da un prezzo di listino base di 85mila euro; la versione Tri-Motor a trazione integrale, invece, da 140mila euro. Il prezzo di partenza della Model 3 è più contenuto, 51mila euro, anche se la versione Performance supera di base i 65mila euro. Sono veicoli quindi destinati a un segmento di acquirenti di fascia alta, con una penetrazione di massa sul mercato sensibilmente contenuta rispetto all’offerta ibrida o ad alimentazione a combustibile degli altri produttori. E qui cominciano i primi dolori.
Secondo Bloomberg2, la mancata realizzazione dell’obiettivo indica che la casa automobilistica non è ancora in grado di scalare adeguatamente a livello globale. La sua mostruosa capitalizzazione di mercato è pari a quella del valore combinato di 10 case automobilistiche che consegnano più di 50 milioni di unità all’anno ma questo parametro non basta a garantire un vantaggio competitivo e una sostenibilità economico-finanziaria di lungo periodo.
Se vogliamo guardare al sottotetto e raccontarla in altri termini, l’impressione che si ha è questa: per il 2020 Elon Musk era forse sicuro di poter piazzare un numero molto maggiore di veicoli rispetto all’obiettivo dichiarato dei 500mila. Sarebbe stato un bel regalo al mercato azionario annunciare, alla chiusura dell’anno fiscale, di aver promesso mezzo milione di unità e averne vendute, magari, quasi il venti o trenta percento in più. Le azioni sarebbero schizzate, gli investitori avrebbero ringraziato. Il Covid-19 però ha rovinato tutto i piani. Gli va riconosciuto che con gli impianti fermi per settimane e 3.000 licenziamenti3 (il 7% della forza lavoro globale) Tesla ha raggiunto un risultato forse insperato e di tutto rispetto, ma i suoi restano comunque numeri assoluti confinati — per ora — a une mediocre rilevanza. Per rendere l’idea, General Motors ha venduto 492,5 mila veicoli nel solo trimestre del 2020. Perciò, quel mezzo milione di veicoli venduti non è abbastanza, al di là dei facili entusiasmi propagandistici che incensano tutte le stravaganti uscite di Musk. Nel 2019 aveva promesso un milione di taxi a guida autonoma sulle strade entro il 2020 che nessuno ha mai visto; la tesla Model S a 35 mila dollari4 è un sogno che sarebbe dovuto avverarsi entro la fine del 2018; il Cybertruck è sparito dai riflettori, si mormora che sia già un mezzo flop5; il Tesla Semi Truck, il tir elettrico presentato nel 2017, è in stallo6, ad aprile esistevano soltanto 2 prototipi costruiti.
Musk sa perfettamente (così come lo sa il mercato) che Tesla è in grosso affanno, al di là delle dichiarazioni: i costi lievitano, i ricavi restano contenuti, è schiacciata da un debito di 14,1 miliardi7 di dollari. Per tenere viva l’attenzione sui media Musk le inventa tutte, anche presentare prodotti immaturi, distanti anni da una loro credibile commercializzazione, che vengono bruciati prematuramente. Le sue sono dichiarazioni utili a tenere viva l’attenzione della stampa su Tesla, a pomparne la sua capitalizzazione in borsa a suon di aspettative. Per tutti questi anni gli altri costruttori sono sembrati in affanno nel settore dei motori elettrici, in realtà non sono restati a guardare. Si sono mossi con cautela, aspettano che la tecnologia e il mercato fossero abbastanza maturi prima di immettere nuovi modelli in vendita, guardano più ai flussi di cassa che alla capitalizzazione o ai capricci delle borse. C’è una spietata realtà con cui devono fare i conti e non è altrettanto tenera quanto certi intenti autocelebrativi, utili giusto ad accendere per poco i riflettori sulla stampa e sui social, ma che dopotutto non ingrossano il portafoglio.
In un recente tweet, Musk ha affermato che alla nascita di Tesla non avrebbe scommesso più del 10% di probabilità sulla riuscita della sua impresa. È stato un pioniere, un visionario, gli va dato atto di questo. Per ora ce l’ha fatta. Non è andata poi così male ma nemmeno così bene come si vuol far credere.
- Electrek, Tesla (TSLA) still holds impressive 18% market share of global EV sales, but that’s about to change. ↩
- Bloomberg, Tesla delivers 499.550 vehicles in 2020, just shy of target. ↩
- Industry Week, Tesla cuts 3,000 jobs as Musk warning that the “road ahead is very difficult” in making electric cars more affordable for the mass market. ↩
- BusinessInsider, 5 times Tesla couldn’t keep a promise about its electric vehicles. ↩
- Automotive News, Musk suggest Tesla would build normal truck if Cybertruck flops. ↩
- Seeking Alpha, The Tesla Semi was unveiled in Nov. 2017. Elon Musk claimed it would enter commercial production in 2019, but so far, only two prototypes have ever been built. ↩
- Benzinga, Tesla’s debt overview. ↩
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